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Scrivere le storie degli altri è una grande responsabilità

Scrivere storie

Tempo fa, una delle agenzie con cui collaboro stabilmente mi commissiona i testi di un nuovo sito. Niente di troppo complesso, cinque o sei pagine in tutto, argomento conosciuto perché mi era già capitato in passato di scrivere per quel settore.
Il brand è nuovo sul mercato, la sua identità online è tutta da costruire, per cui non ho testi di partenza da cui attingere o vecchi contenuti da rielaborare.

Scrivere è una delle ultime cose che faccio

Quando lavoro ad un nuovo progetto, faccio compilare ai miei clienti un questionario, un documento con tutta una serie di domande che mi aiutano a capire alcune cose, tra cui: l’argomento di cui dovrò parlare, chi è il pubblico di riferimento, il tono di voce più adatto, quali parole usare e quali no per rappresentare al meglio quella persona o quell’azienda (le famose parole connesse).
Il questionario è il primo passaggio per lavorare insieme. Non hai voglia di compilarlo? Mi spiace, non ho voglia di lavorare con te.
Al questionario di solito seguono delle email di approfondimento o delle call su Skype, dove mi sono anche fatta vedere struccata e con i capelli arrotolati in testa in modi improbabili (la storia di prepararmi come se dovessi uscire il sabato sera ad un appuntamento galante è durata un paio di mesi).
Scrivere, per me, è il lieto fine di un lungo processo, fatto di: riflessioni, analisi della concorrenza, passeggiate all’aria aperta per farsi ispirare, blocchetti in cui annotarsi le piccole cose, idee buttate in ordine sparso a cui dare un senso, riflessioni e ancora riflessioni. Poi arrivano le parole, poi i contenuti che andranno online, rivisti e ridisegnati con cura.

Non ho tempo da perdere con lei

Quella volta le cose non sono andate come al solito. Per motivi vari, quando mi viene commissionato un lavoro da un’agenzia, non riesco a far compilare il questionario. Questo passaggio lo sostituisco con una riunione dal cliente, con delle interviste o delle email farcite di domande dove cerco di raccogliere più informazioni possibili.
Quella volta le mie email non hanno ricevuto risposta. Quella volta le mie telefonate venivano rimbalzate dalla segretaria, che accampava scuse del tipo: «Mi dispiace signorina, il mio responsabile non c’è, riprovi più tardi» o « Guardi, il mio capo è fuori da un cliente, per cortesia, gli mandi un’email».
Come potrai immaginare, ero piuttosto in difficoltà, non sapevo proprio da che parte sbattere la testa e la data di consegna era sempre più vicina. Un giorno, finalmente, riesco ad intercettare il responsabile aziendale: «Signorina, la smette di chiamare? Si rende conto che non ho tempo da perdere con lei? Ha presente il sito X (cita noto concorrente del suo settore)? Ecco, copi pure tutti i contenuti da lì. Arrivederci!» e attacca il telefono.
Ci sono rimasta così male che non sono riuscita a far nulla (neanche richiamare il tizio per dirgli due cose a proposito di educazione).
Alla fine io testi di quel sito li ho scritti. Mi sono inventata di sana pianta ogni singola parola, ogni dettaglio, immaginando contesti, ambienti, atmosfere, persone, servizi. Insomma, è stato un bel lavoro di fantasia e creatività.
Il cliente li ha approvati al primo colpo e ha messo online il sito tutto contento. Io, invece, ero arrabbiata. Arrabbiata con lui perché non era riuscito a cogliere l’importanza del mio lavoro. Arrabbiata con me stessa perché non ero riuscita a farmi valere. In più, avevo i sensi di colpa: avevo preso in giro delle persone che avrebbero scelto quell’azienda sulla base delle cose (finte) che avevo scritto.
Per fortuna di clienti così ne ho avuto solo uno e, se quella volta mi sono sentita piccola piccola, ho avuto altre occasioni in cui il valore di quello che faccio è stato riconosciuto tutto.

Non salvo vite umane

Certo, non faccio interventi a cuore aperto, né tiro fuori persone da situazioni difficili, ma mi piace pensare che il mio lavoro possa contribuire a rendere il web un posto migliore, un posto dove le aziende non sono tutte “giovani e dinamiche”, ma che si raccontano in modo spontaneo e che sono davvero interessate a risolvere i problemi dei loro clienti.
Il copywriter non copia i testi degli altri, prende le parole e le mette in fila una dopo l’altra in modo armonico per scrivere la storia più bella, coinvolgente e reale che esista. La tua.

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Uso la scrittura per far incontrare brand e persone. Sorrido, cammino spesso scalza, non vivo senza scorte di zucca nel freezer. Sono come mi leggi.